Il precedente di Roberto Calvi, clicca qui: http://www.youtube.com/watch?v=OMNPtXk6mdM
Roma – L’ultima verità parla di trame e spionaggi interni conseguenza di quella fuga di notizie passata sotto il nome di Vatileaks e finita poi all’interno del libro di Gianluigi Nuzzi. E soprattutto su quei corvi che decisero di passare alla stampa informazioni private per portare avanti battaglie e interessi personali. Da oltre un anno, infatti, in Vaticano telefoni, email e colloqui personali sono ‘intercettati’ e messi sotto osservazione. La richiesta di un controllo a tappetto è arrivata direttamente dal cardinale e segretario di Stato Tarcisio Bertone. Così la gendarmeria vaticana guidata dal generale Domenico Giani, ex ufficiale dei servizi segreti italiani, si è messa a lavoro per un controllo a tappetto all’interno della Santa Sede. A rivelarlo è il settimanale Panorama, secondo cui le intercettazioni sarebbero partite dopo il settembre 2012, data in cui sono iniziate ad arrivare lettere di minaccia a Bertone e poi fughe di documenti riservati. L’ombra delle intercettazioni in Vaticano, volute da Monsignor Tarcisio Bertone, incombe sul Conclave che dovrà decidere il successore di Papa Benedetto XVI. E’ il settimanale Panorama in edicola domani, giovedì 28 febbraio, a svelare le trame oscure che agitano la Chiesa italiana e non solo. Tutto sarebbe nato in seguito allo scoppio dello scandalo Vatileaks, con la fuga di documenti riservatissimi dagli studi pontifici, e in contemporanea con un altro allarme, le lettere di minaccia ricevute proprio da Bertone, nel settembre 2012. Per questa ragione il segretario di stato vaticano nonchè camerlengo incaricò il generale Domenico Giani, ex ufficiale dei servizi segreti italiani, come capo della gendarmeria vaticana. Telefoni e mail sotto controllo – L’allarme in Vaticano era scattato già qualche mese prima. Mail, telefoni, incontri e colloqui sarebbero stati rigorosamente analizzati dall’occhio vigile della gendarmeria vaticana. Lo stato di allarme in Santa Sede non sembra però essersi placato dato che l’inchiesta Vatileaks non è ancora un caso archiviato. Ogni consuetudine, frequentazione, conoscenza, entrata o uscita dopo le ore 21 è stata passata al microscopio creando così un caso senza precedenti, a beneficio di una cerchia ristretta di persone, che preoccupa non poco, data la situazione, l’ambiente ecclesiastico e che potrebbe incidere sull’imminente conclave.Quelli che, in molti casi, sono alla base degli scandali – Vatileaks in testa – che negli ultimi mesi hanno investito la chiesa.
Si tratterebbe di una colossale schedatura di abitudini, amicizie e frequentazioni consegnata in mano a pochissime persone che innervosisce e preoccupa molti prelati e rischia di pesare sul Conclave.
In realtà sul tema “intercettazioni” le notizie dal Vaticano hanno un precedente. Un articolo comparso sul quotidiano Il Giornale nel marzo del 2011. L’articolo raccontava la storia di un alto prelato (di cui non veniva citato il nome) che stava strutturando un servizio di sicurezza informativo parallelo all’interno dei Sacri Palazzi. Ma il pezzo stranamente non venne inserito nella rassegna stampa del papa, attività monitorata dal nipote di monsignor Carlo Maria Viganò, il prelato appunto a cui vengono rivolte le accuse nell’articolo pubblicato sul giornale. Quando il papa scoprì la cosa decise di allontare Viganò inviandolo a Washington nel ruolo di nunzio apostolico. Lui replicò con delle lettere che incolpavano di ogni tipo di reato i suoi presunti accusatori, in particolare il direttore delle Ville Pontificie accusato di furto, il direttore amministrativo dei Musei Vaticani don Paolo Nicolini, colpevole di voler rubare il posto a Viganò, uomini di finanza come Pellegrino Capaldo, accusati di malagestione nelle finanze vaticane e Marco Simeon, quale regista dell’operazione di siluramento. Ma anche la conversazione tra Viganò e Bertone (così come il famoso articolo pubblicato su Il Giornale) non finì sulla scrivania di Benedetto XVI. E, nonostante non potessero essere state viste e maneggiate dal “corvo” Paolo Gabriele, sono proprio alla base dello scandalo conosciuto come Vatileaks. Nel 2011 un tribunale interno aprì proprio un’inchiesta per verificare le accuse di Viganò agli uomini vicini a Bertone che furono riconosciuti innocenti. Il prelato cercò di invocare a sua difesa le deposizioni di tre cardinali, ma Joseph Ratzinger allontanò Viganò. Ora, come fa notare Dagospia, se la fonte del libro scandalo di Nuzzi fu Paolo Gabriele, è strano che i documenti pubblicati siano stati proprio quelli cui il “corvo” non poteva avere accesso e che non arrivarono mai sulla scrivania del papa. Si tratta infatti della corrispondenza privata di Bertone con Viganò. Insomma, dietro gli scandali vaticani c’era un lavoro di dossieraggio e diffusione di informazioni destabilizzanti per l’equilibrio vaticano e della segreteria di Stato. L’obiettivo dei corvi e di prelati come Viganò era non perdere il proprio potere e riuscire ad avere un ruolo decisivo nella scelta di quello che sarebbe stato in un futuro non troppo lontano – come si auguravano loro stessi – il nuovo pontefice. E per portare a termine questo progetto sarebbe stata decisiva la nomina a cardinale di Viganò, che così avrebbe potuto partecipare al Conclave. Ma ciò fu impedito proprio da Ratzinger. Che, forse consapevole dei rischi, decise di allotanarlo inviandolo a Washington.
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