di Max Corradi
Alessandria – Sono in molti ormai a pensare che il Regno d’Italia, a partire dal 1870, vanti un record imbattuto dalla nostra prima e seconda repubblica: l’efficienza delle ferrovie. È difficile infatti immaginare una gestione più disastrosa della cosa pubblica, a meno che non andiamo a finire in Congo o in qualche repubblica delle banane del Sud America, di quella che gli italiani devono sopportare quando devono prendere il treno. Se siamo d’inverno i vagoni, invece di essere caldi sono gelati, le locomotive non partono, gli scambi non funzionano eccetera eccetera. Se siamo d’estate i vagoni sono caldi perché l’aria condizionata non funziona mai o quasi mai, i treni sono soppressi perché manca il personale che è perennemente in ferie, e sono sempre in ritardo eccetera eccetera. E nasce in noi il fondato sospetto che tutti i minchioni d’Italia, a partire dal capo, fino ad arrivare all’ultimo scopino, siano stati assunti da Trenitalia. Ma veniamo alla cronaca di questi giorni. Siccome i treni non funzionano si pensa di rimediare facendo viaggiare al loro posto le corriere, ma la situazione migliora di poco. Infatti la mancanza di informazione è tanto grave quanto la mancanza dei servizi stessi. Alcune corse della tratta Alessandria-Casale-Vercelli sono sostituite sempre più spesso da bus e, soprattutto nel periodo festivo, anche il servizio normalmente assicurato dal treno è effettuato dai pullman, ma gli orari dei mezzi sostitutivi non ci sono. Non di rado si vedono viaggiatori vagare per le stazioni in cerca di un’informazione sugli orari, molti dei quali non riescono a prendere la coincidenza cui avrebbero potuto accedere con il loro biglietto perché non sanno a che ora parte il pullman. Per esempio a Casale Monferrato l’unico punto informativo affidabile è un grande tabellone collocato fuori della stazione che riporta l’orario di tutte le corse dei bus. Ma non si leggono bene, sono compilati in modo incomprensibile e alla fine servono a ben poco. Per rimediare al disastro Trenitalia si è messa a dare dei rimborsi, che non migliorano la situazione generale, ma almeno calmano i viaggiatori inferociti. Le associazioni pendolari che, sia chiaro, dato lo sfacelo generale, non funzionano neppure loro (sarà l’aria della ferrovia che contagia un po’ tutti?), hanno chiesto rimborsi per i pendolari di Acqui Terme per 150 euro a testa alla Regione Liguria. Già duecento sono i moduli spediti dai viaggiatori della linea Acqui – Genova per i disservizi del 14 e 15 dicembre scorsi. Giorni in cui il ghiaccio e pochi centimetri di neve hanno bloccato gli scambi mandando in tilt la circolazione su numerose linee. Tuttavia pare che qualcosa si muova perché le ferrovie liguri hanno approntato un sistema di scongelamento per tutti gli scambi dei nodi cruciali. Resta da chiedersi come facevano nel XIX secolo, con la tecnologia di allora, certamente non sofisticata come la nostra, a rendere agibili gli scambi, a far partire i treni quando la temperatura finiva sottozero, a riscaldare gli scompartimenti che, mi si dice, nell’ottocento erano particolarmente confortevoli e i treni viaggiavano anche in Siberia. Siberia che, se fossimo ai tempi di Stalin, dovrebbero finire molti dirigenti delle nostre scandalose ferrovie.
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