LA GRANDE MENZOGNA
di Carlo Grossi
(prima puntata)
L’origine dello Stato della Chiesa, ossia del potere temporale dei Romani Pontefici, che si è protratto per quasi mille anni, dal Regno di Pipino il Breve Re dei Franchi, a quello di Vittorio Emanuele II Re d’Italia, è avvolta nel più fitto mistero, perché, non ostante gli sforzi di insigni studiosi laici ed ecclesiastici, non è mai stato ritrovato, e nemmeno individuato, il titolo giuridico del suo fondamento. Per secoli si è creduto che fosse costituito da uno strano atto, gelosamente custodito nelle cancellerie pontificie, che avrebbe contenuto una donazione dell’Imperatore Costantino al Vescovo di Roma, accettata pro veritate per tutto il medioevo e creduta vera ed autentica persino da Dante che, giudicandola malefica e nefasta per le conseguenze che ne erano derivate, contro di essa imprecava con la famosa invettiva: ahi, Costantin, di quanto mal fu matre; non la tua conversion, ma quella dote che da te prese il primo ricco patre! (Dante – Divina Commedia – Inferno XIX/115) con la quale esprimeva la sua accorata indignazione di cattolico profondamente credente. La grossolana falsità dell’apocrifo documento, uscito dalla poco scrupolosa penna degli amanuensi della curia, é stata inequivocabilmente dimostrata nel Sec. XV dalla “Declamatio de mentita et falsa Constantini donatione” del grande umanista romano Lorenzo Valla, contro il quale l’autorità pontificia ha reagito alla sua maniera, ossia con la minaccia del rogo, da cui l’imprudente autore si è salvato con la fuga da Roma e l’esilio. In base a principio logico elementare si deve quindi ritenere che, se per secoli, i Papi, a prova del fondamento legittimo del loro potere su quello che poi é stato l’eufemisticamente detto il Patrimonio di S. Pietro, hanno fatto ricorso a un documento falso, é perché non ne avevano di autentici. Vero fondatore dello Stato Pontificio può ritenersi il Papa Stefano II, romano, eletto nell’anno 742 e morto nel 757, che la Chiesa, nella sua antica saggezza, non ha creduto di annoverare fra i Santi come aveva fatto con tutti i suoi predecessori, per cui, se è stato il primo Pontefice a non avere, in morte, il capo cinto dall’aureola, è stato il primo ad averlo, in vita, cinto dalla corona sovrana, almeno idealmente. Prima d’allora i possedimenti dei Papi sulla città di Roma e sui suoi territori dell’Italia Centro-meridionale non avevano carattere di sovranità politica, ma costituivano un patrimonio di tipo privatistico, sorto un po’ alla volta in base a principi di diritto civile, ossia un complesso immobiliare, specialmente agricolo, accumulato a mezzo di testamenti, donazioni, usucapioni, lasciti vitalizi poi divenuti perpetui, concessioni di diritti precari poi divenuti definitivi, etc., il tutto quasi sempre poco scrupolosamente ottenuto dispensando ai concedenti, specie in punto di morte, assicurazioni e garanzie sulla vita eterna. Secondo gli studiosi, tali poco encomiabili atti, di dubbia regolarità anche sotto il profilo civilistico, prima della fine del secolo VII avevano già assicurato alle duecentocinquanta diocesi italiane il possesso di circa 50.000 ettari di terre produttive, che garantivano al Pontefice un cospicuo reddito. La sovranità politica su tutta l’Italia, anzi sull’intero Occidente, in base al diritto pubblico d’allora, apparteneva ancora all’Imperatore Romano, naturalmente quello del ramo d’Oriente, dato che, dopo la caduta del ramo occidentale si era concentrata in lui, che a buon diritto si fregiava del titolo di Romanorum Imperator, semper Augustus, etc., universalmente riconosciuto come legittimo Sovrano Urbis et Orbis.
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