I MESSAGGI DEL CRISTIANESIMO SONO ACCETTABILI DALLA RAGIONE
Ottava parte
Questa conoscenza probabile è chiamata da Locke judgement “buonsenso”. Ecco allora che se la conoscenza é concordanza di idee, questa concordanza può essere certa (knowledge) nel caso che ad essa si pervenga con l’intuizione, la dimostrazione o la sensazione attuale, ma può anche essere solo presupposta, probabile: in questo caso allora si avrà il judgement, la forma di conoscenza che trova un vastissimo campo di applicabilità nella realtà. Locke a questo punto arriva a risolvere il dilemma sul quale lui e i suoi compagni anni addietro si erano bloccati, e cioè fin dove può arrivare la conoscenza umana. Accanto al sapere certo ( 2+2 = 4; o penso, dunque esisto), c’é il sapere probabile (judgement), che ci coinvolge nella vita di ogni giorno. Al pensatore liberale inglese pare opportuno, sulle orme degli Scettici, trovare un metodo opportuno per individuare con precisione le probabilità di certezza e di conoscenza sulle cose non del tutto certe. I principali mezzi di indagine per il sapere probabilistico sono quelli che Locke chiama la “fiducia nel testimone” e la “coerenza dell’esperienza”. Quando riceviamo delle informazioni il tasso di probabilità deriva da questi due diversi gradi. Quando mi viene riferito qualcosa, devo pormi il problema se ciò che mi viene detto é vero oppure no, il che é appunto dato dalla fiducia che io ho nel testimone, ossia in colui che mi riferisce l’informazione, oltre che dalla non contraddittorietà con l’esperienza. Se mi si dice che un asino vola, ho un bassissimo tasso di coerenza con l’esperienza, la quale mi suggerisce che gli asini non volano proprio perché, tra tutti gli asini presi in esame, non ne ho mai visto uno volare. Tuttavia non ho certezza assoluta che sia impossibile, come se mi si dicesse che 2 + 2 = 5. Dire che 2 + 2 = 5 è assolutamente impossibile perché so con certezza (con la knowledge) che 2 + 2 = 4, ma nel dire che un asino vola non vi é nulla di assolutamente impossibile perché si tratta solo di un qualcosa assai lontano dall’esperienza. A questo punto però la coerenza dell’esperienza si intreccia con la fiducia nel testimone: chi mi ha detto che l’asino vola è una persona attendibile? Se é una persona di cui ho stima e mi dice di aver visto volare un asino (proprio perché l’esperienza non sbaglia), potrò prestargli fede e prendere per vero che ha visto un asino volare. Tuttavia se egli mi dicesse che 2 + 2 = 5 , per testimone attendibile che possa essere non posso credergli. Allo stesso modo mi si dice che John é passato per quella strada so che ciò non contrasta con l’esperienza perché John abita in quella zona ed é solito passare di lì. Tuttavia, in questo caso, il testimone non é attendibile per cui, pur essendo probabile la cosa, non posso essere certo che John sia passato di lì. Quelli dell’asino che vola e di John sono casi semplici, che servono da esempi, tuttavia il metodo probabilistico del judgement trova applicazioni più complesse. Pensiamo alla veridicità delle fonti storiche: anche qui devo servirmi della fiducia nel testimone e della coerenza dell’esperienza. Lo storico mi illustra il passaggio di Cesare dal Rubicone: il Rubicone esiste, non contrasta con l’esperienza e lo storico é un testimone attendibile. Locke, poi, inserisce nel judgement un altro elemento: la fede religiosa . Essa si riferisce a cose di cui non possiamo avere la certezza perché non sono intuite né dimostrate, nemmeno sensazioni attuali, ma sono cose che ci vengono raccontate e non abbiamo visto. Ora Locke, che si ritiene un buon cristiano, riprende la distinzione fatta a suo tempo da San Tommaso quando afferma che vi sono delle cose nella fede religiosa che sono dimostrabili con la ragione, altre che non lo sono ma che tuttavia non si oppongono al raziocinio, e altre ancora che gli si oppongono nettamente. Locke in “La ragionevolezza del Cristianesimo” spiega come i messaggi di cui si fa latore il Cristianesimo sono ragionevoli, ossia accettabili dalla ragione. Sono messaggi che, o sono accettabili dalla ragione, o che le stanno sopra senza però opporsi. Infatti tra i messaggi cristiani non ve ne sono mai che si oppongano alla ragione. Sostenendo queste tesi, il pensatore inglese prende le distanze dal Cristianesimo più estremo che si stava andando ad affermare nell’Inghilterra di 1600. Certo, se la fede andasse contro la ragione saremmo tenuti a rifiutarla, ma la fede dice cose dimostrabili con la ragione (come l’esistenza di Dio e la sua unicità). Poi nella fede vi sono anche delle cose che vanno al di là della ragione umana, che le stanno sopra (above reason), ma tuttavia questo stare sopra non è mai un andare contro. Tuttavia, se la fede è accettabile proprio perché non opposta alla ragione, si tratta di capire perché si debbano accettare delle cose che, pur senza andare contro la ragione, le stanno sopra, non sono da essa dimostrabili. Locke fornisce una risposta a questo interrogativo dicendo che avere fede significa credere in cose indimostrabili con la ragione e allo stesso tempo inderivabili dall’esperienza, ma tuttavia testimoniate dal più sincero dei testimoni: Dio.
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