A cosa serve e a chi giova il Terzo Valico? Son proprio una banda di barbari spacca tutto i No – Tav o qualche ragione l’hanno anche loro? La nostra provincia è coinvolta al 100% nell’affare. Il ruolo del Gruppo Gavio e dei suoi amici faccendieri e politici vicini all’area di centro sinistra.
Voltaggio (AL) a.g. – C’era molta gente venerdì sera all’incontro pubblico sul Terzo Valico dei Giovi che si è svolto nella sala delle scuole elementari. Hanno partecipato, oltre ai sindaci di Voltaggio, Carrosio e Fraconalto, anche Giovanni Guagnozzi (direttore dei lavori), Enrico Iacometti di Cociv e Walter Lupi, commissario governativo. Tra il pubblico c’erano anche i No-Tav che hanno ribadito la loro netta contrarietà alla struttura: “Noi quest’opera non ve la lasceremo costruire” ha detto il portavoce del movimento, Claudio Sanita. Molte le domande dei presenti per conoscere i dettagli su: amianto, viabilità, fonti, manutenzioni e “effetto smarino” cioè la produzione di detriti derivanti dai lavori di scavo delle gallerie, in cui sarebbe presente l’amianto. Gli ingegneri Quagliozzi e Iacometti non hanno saputo indicare né da dove né quando partiranno i lavori in Val Lemme: “Il primo lotto – ha detto Quagliozzi rispondendo alla domanda di un cittadino di Voltaggio presente in sala – durerà tre anni e interesserà quasi esclusivamente la viabilità, con allargamenti delle strade. Il secondo loto prevede l’avvio dello scavo del tunnel partendo dai fori pilota già realizzati. Tutto lo smarino di Voltaggio, si calcola in 1,2 milioni di metri cubi di rocce e terreni – ha aggiunto il direttore dei lavori – andrà nella ex cava della Cementir”. Sul problema dell’amianto Lupi ha detto: “L’organismo competente non può che essere l’Osservatorio Ambientale che sarà aperto anche ai sindaci e che potrà dare tutte le risposte nell’interesse della salute pubblica”. Il commissario governativo si è assunto l’impegno di mettere a disposizione dei piccoli comuni i tecnici del Ministero. I lavori dovrebbero prendere il via tra due settimane, a partire dagli inizi di aprile. Si tratterà di terminare alcune procedure e di avviare anche gli iter degli espropri. Al primo lotto, i cui lavori dovrebbero durare 36 mesi, fanno capo gli interventi sulla viabilità, come, per esempio, il rifacimento della provinciale della Castagnola e della Val Lemme, con l’adeguamento della galleria della Crenna. Quindi riprenderanno i lavori nella galleria Vallemme di Voltaggio, in località Molini. In questo caso lo smarino non sarà trasferito coi camion ma con un apposito nastro trasportatore.
NOVI POSSIBILISTA
Mentre in Val Lemme sale la protesta, a Novi c’è solo un po’ di maretta in consiglio comunale dopo la mozione della sinistra che chiede di rivedere il “sì” dato dal Comune nel 2005. Il sindaco Lorenzo Robbiano (Pd) ha detto: “Tra i risultati importanti, abbiamo ottenuto l’apertura di un tavolo di discussione tra il Comune di Novi e Rfi-Cociv, soggetti che realizzeranno il progetto esecutivo dell’opera. Il tavolo accompagnerà tutta la fase di elaborazione del progetto esecutivo stesso, che si svilupperà nei prossimi 12 mesi e riguarderà le varie richieste avanzate nella delibera approvata nel 2005 dal consiglio comunale, nella quale si chiedeva l’eliminazione di parte della nuova linea ferroviaria e, più in generale, l’esame approfondito degli aspetti ambientali e relative modifiche anche in relazione alla cantieristica. Abbiamo sottolineato, inoltre, la necessità che lo scalo di San Bovo assuma un ruolo importante per lo sviluppo economico di Novi e del Novese”. Intanto, in concomitanza della classicissima Milano-Sanremo che passa sempre da Novi, capitale mondiale del ciclismo, un gruppo di No – Tav ha allestito un presidio in via Girardengo con un gazebo, distribuendo volantini e mostrando striscioni al passaggio della corsa. La contestazione ha riguardato l’opera, ritenuta inutile sia per il costo (6,2 miliardi) che per i cantieri devastanti per il territorio e con il rischio d’infiltrazioni mafiose.
LE RAGIONI DEL NO
Modelli di previsione della domanda secondo gli oppositori al progetto fanno riferimento a non meglio definite “direttive europee” e stime di tempi risparmiati sulle linee veloci. Per i No – Tav alcune scelte progettuali sembrano essere state analizzate solamente nei loro aspetti di innovazione e primato tecnologico, senza porsi il problema delle conseguenze che potranno avere sull’esercizio futuro della rete ferroviaria nazionale e sui costi di produzione dell’esercente. Le interconnessioni con la rete esistente sarebbero assai ridotte (al confronto con l’esperienza tedesca, ma anche con la precedente esperienza nazionale della direttissima Roma-Firenze), per cui, sempre secondo gli oppositori, tuttora molte città di medie e grandi dimensioni resteranno escluse o servite in modo del tutto insoddisfacente dalle nuove linee, pur trovandosi ad essere direttamente coinvolte dal tracciato. La scelta di un sistema di alimentazione che consente più potenza e più elevata velocità si traduce, nell’immediato, nella impossibilità di percorrere le nuove linee con i locomotori e gli elettrotreni attualmente in dotazione alle FS. Nemmeno i pendolini potranno viaggiare sulle linee AV, mentre gli ETR 500 attualmente in servizio sulla Milano-Roma dovranno essere equipaggiati con apposite carrozze dotate di trasformatori. Per i No –Tav non è vero che l’Alta Velocità servirà ad aumentare il trasporto merci e quello di passeggeri sulle relazioni di breve percorrenza (che rappresentano la grandissima parte dei viaggi annualmente effettuati sulla rete FS) perché, ancorché sia vero che libererà spazio sulle linee esistenti, è altrettanto vero che per rendere più fruibili le linee esistenti occorrono investimenti che, per almeno vent’anni, dati i costi stratosferici del Terzo Valico, saranno interamente assorbiti dalla grande opera. I No – Tav portano ad esempio la poliotica di Germania e Francia che pure hanno speso molti denari in linee ferroviarie negli ultimi anni ma avevano già speso somme altrettanto rilevanti in ferrovie metropolitane e regionali nei decenni precedenti, mentre in Italia gli esempi della RER (Rete Espressa Regionale) di Parigi, o delle S-Bahn (ferrovie urbane veloci) delle città tedesche rappresentano, a tutt’oggi, null’altro che esempi studiati ed invidiati. Gli oppositori chiudono puntando il dito sugli aspetti ambientali. Secondo loro la costruzione di linee ferroviarie ad alta velocità ha comportato ovunque problemi di natura ambientale, a causa degli alti livelli di rumore e di vibrazione indotti dal passaggio dei convogli. Situazioni di conflitto con gli abitanti delle zone circostanti i tracciati e contenziosi tra autorità locali e centrali hanno costantemente accompagnato l’entrata in funzione delle linee. Non si può quindi prescindere da questi aspetti del problema che richiedono attenzione e investimenti per risolverli. In sostanza, secondo i No – Tav, il Terzo Valico è onnivoro e fagocita tutti i soldi disponibili senza lasciare scampo ad altre ed altrettanto importanti problematiche.
CHI CI GUADAGNA?
Il Terzo valico dei Giovi sarà realizzato da Impregilo: il general contractor è Cociv, che è un consorzio formato da Impregilo (Benetton, Ligresti, Gavio), Condotte del gruppo Ferfina e da Civ. Tra gli azionisti anche la Biis. E qui ecco la seconda questione che a qualcuno fa stocere il naso: la banca per gli investimenti del gruppo Intesa era guidata fino a poco tempo fa fa da quel Mario Ciaccia che oggi da vice-ministro si trova a dare il via – a tempo di record – alla nuova infrastruttura. Il maligno mi dice che qualcuno ce l’abbia messo lì apposta, come ha anche messo il banchiere democristiano Passera. Sul Terzo Valico tra Liguria e Piemonte il Gruppo Gavio lavora da parecchio tempo, ed il Gruppo vicino a Palenzona e Passera, tramite Impregilo, grazie anche alle altre grandi opere in via di realizzazione, conquisterebbe un ruolo di primo piano nel settore costruzioni, dove opera già con Itinera, posseduta attraverso Sias, la cassaforte autostradale, che ha in portafoglio il 40,3 per cento, mentre il restante 59,7 è controllato dalle holding di famiglia: Aurelia e Argo Finanziaria. Nell’operazione Terzo Valico la famiglia di Tortona sarebbe affiancata da personaggi alessandrini, politici e faccendieri legati alla politica, schierati col centrosinistra. Ma anche da Mediobanca tramite l’amico di sempre Fabrizio Palenzona, già presidente della Provincia di Alessandria. D’altronde Marcellino Gavio, attraverso il banchiere di Pozzolo Formigaro, era riuscito ad assicurarsi un posto nel salotto buono della finanza italiana. Il costo totale del Terzo Valico sarà, salvo adeguamenti di prezzo sempre possibili, per non dire probabili, di ben 6,2 miliardi di Euro (12.500 miliardi di lire) pari a 115 milioni (230 miliardi di lire) a chilometro per una linea che prevedeva in origine una capacità di 5 milioni di teu (l’unità di misura dei container) per il 2006, ma oggi siamo ancora a 1, 8 milioni. E la linea attuale ne regge 3.
SOLDI BUTTATI?
Per molti il Terzo Valico economicamente è un’opera demenziale: una ferrovia che parte da Genova per collegare il porto della Lanterna con il nord Europa, andandosi a ricongiungere al nuovo traforo svizzero del Gottardo. Solo che i 6,2 miliardi servono per arrivare fino a Tortona, in mezzo alla pianura Padana, 53 chilometri di nuova ferrovia veloce al costo di 115 milioni di euro a chilometro. Da Tortona i treni torneranno sulla vecchia ferrovia! Inoltre non si sa bene a che cosa serva, a parte ingrassare qualche faccendiere con stecche varie. Le Fs, committenti dell’opera, non sanno dire se servirà per i passeggeri (collegamento veloce Genova-Milano) o per le merci. È noto che una ferrovia del genere non si può utilizzare per entrambi i servizi, bisogna scegliere, e sarà fatto dopo aver deciso di spendere i soldi. Secondo quel che osservano tecnici seri e politici onesti si tratta di un’opera inutile. Fu inserita nel programma Alta Velocità in un secondo momento, quando la Montedison di Gardini pretese un posto a tavola nel grande affare che si erano spartiti Fiat, Eni e Iri. Il traffico, nella migliore delle ipotesi, coprirà i costi di gestione e manutenzione. C’è però il consorzio Cociv di Gavio & C. che è servito, fra le altre cose e salvo prova contraria, a ingrassare i costruttori scaricando sullo Stato circa 90 miliardi di debito pubblico. Il Cociv tra gli azionisti, oltre ai soliti Benetton, Ligresti, Gavio (Impregilo), annovera anche Biis, la Banca guidata fino a poco tempo fa dal vice ministro Ciaccia. Anche i 6,2 miliardi del Terzo Valico andranno a carico del debito pubblico che Monti deve disperatamente riassorbire, ma lascerebbe dissennatamente crescere se non fermasse opere come questa.
CRONISTORIA
1988 – Giuseppe Manzitti, presidente di Confindustria Genova, intraprende le prime iniziative concrete per la realizzazione del Terzo Valico.
1992 – Costo previsto per il Valico: 3.100 miliardi di lire (1,6 miliardi di euro).
1996 – Realizzazione di tre fori pilota a Franconato e Voltaggio
1998 – Dopo un esposto dei comitati ambientalisti a causa dei ritardi e dell’aggravio dei costi nei lavori, il Nucleo operativo ecologico dei carabinieri esegue il sequestro dei cantieri.
1999 – Il ministro per l’ambiente Edo Ronchi dispone la chiusura definitiva dei cantieri e la Procura di Milano rinvia a giudizio alcuni manager e politici tra cui il senatore Luigi Grillo.
2000 – Approvazione del progetto del Valico da parte di Regione Liguria e Piemonte. Si apre la conferenza dei servizi. Il progetto vale tra i 3.500 e i 4mila miliardi di lire (2 miliardi di euro).
2002 – La conferenza dei servizi approva il tracciato preliminare del Terzo Valico: secondo le previsioni, la linea dovrebbe essere completata nel 2010.
2003 – La Banca europea per gli investimenti promette il cofinanziamento per la realizzazione del Valico. Anche i comuni alessandrini danno il via libera al progetto. I costi per la realizzazione sono stimati tra i 2,5 e i tre miliardi di euro.
2004 – Il costo del Valico raggiunge i 4,7 miliardi di euro e il governo propone di finanziare l’opera attraverso bond emessi da Infrastrutture Spa (Ispa).
2005 – L’Ispa smentisce che i bond saranno utilizzati per finanziare il Valico, proprio perché l’opera non è redditizia. Si investono i primi 148 milioni precedentemente stanziati dal Cipe per aprire i cantieri tra Franconato e Voltaggio.
2006 – Il Cipe approva il progetto definitivo del Valico, ma il governo dichiara di non avere fondi sufficienti e le Ferrovie dello Stato non indicano più l’opera come prioritaria. Il costo dell’opera è lievitato a circa 5,2 miliardi di euro.
2007 – L’Unione europea decide che la tratta Genova-Milano non rientra tra le reti transfrontaliere e quindi non riceverà finanziamenti. I cantieri dei fori sono chiusi ancora una volta. Il costo dell’opera adesso ha raggiunto i 6,2 miliardi di euro e dovrebbe essere realizzata in poco più di otto anni. Ancora non è chiaro dove reperire i fondi necessari alla realizzazione.
2008 – Prima riunione del Cipe dell’ultimo governo Berlusconi: riparte il Terzo Valico.
2009 – Il Cipe stanzia la prima tranche da 500 milioni per il Valico.
2010 – Il Cipe dà seguito allo stanziamento e dispone mezzo miliardo di euro per riaprire i cantieri chiusi dal
2011. Cambia il governo e Monti conferma l’intenzione di procedere. A dicembre il CIPE trova 1,2 miliardi. Si può procedere.
2012 Partono i primi cantieri.
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