Durante il referendum sulla privatizzazione o meno degli acquedotti, vinto alla grande da chi voleva mantenerne il controllo pubblico, ebbe l’onore della stampa nazionale la campagna furibonda, quanto isterica, a favore della privatizzazione di uno sconcertante personaggio novese di adozione. Con urlate dichiarazioni rilasciate in ogni dove l’autonominatosi difensore delle virtù private e di austerità amministrative da anacoreta, descrisse i pubblici acquedotti come fiumi infernali, sentina di ogni peccato e ogni nefandezza, autentici collettori di incompetenze e disonestà. Ciò che lasciava perplessi era che il fautore di questo novello iperliberismo era nientemeno che Massimo D’Ascenzi, l’amministratore delegato dell’ACOS, ossia il gran capo assoluto del pubblico acquedotto comunale di Novi. Trascinato dall’impeto della sua personale crociata non si era nemmeno accorto che il principale bersaglio dei suoi strali infuocati era proprio lui stesso, mentre indirettamente chiamava in correo anche il Comune di Novi, proprietario dell’acquedotto. Anzi i suoi spietati attacchi sembravano assai più una di quelle pubbliche confessioni tanto amate dalle guardie rosse di Mao che un’autentica denuncia di inefficienze amministrative. Dopo questo vero e proprio “outing” c’era da aspettarsi capitasse qualcosa. Invece tutto tacque e si fece finta di nulla. Poiché il lupo perde il pelo ma non il vizio approfittando di questi nostri tempi ambigui e confusi, l’indomito crociato delle privatizzazioni è ritornato all’assalto cercando di fare passare dalla finestra ciò che la volontà popolare aveva cacciato dalla porta. Il gioco è grossolanamente semplice anche se in Comune a Novi fanno finta di non capirlo recitando, come sempre in questi casi, la parte dei falsi ciechi e falsi sordi. Si comincia creando una società mista tra la ACOS, gestore del depuratore Scrivia, e la Roquette, industria di Cassano, ambientalmente non certo un casto angioletto, solita ricoprire le acque dello Scrivia con tonnellate di scarti di lavorazione del mais ogni qualvolta ferma e revisiona i propri impianti. Naturalmente la Provincia, il cui assessore all’ambiente è anche lui sordo e cieco dalla nascita, non è mai riuscita a scoprirne il colpevole. In questa bella accoppiata contro natura tra il diavolo e l’acqua santa il cui scopo dichiarato è di progettare, costruire e gestire nuovi depuratori lungo il corso dello Scrivia, ma in realtà quello di impadronirsi nel tempo dell’intera gestione privatizzata delle acque del bacino, sono già iniziate le inebrianti danze dei costi di investimento. Partendo da iniziali 8 milioni di euro si è rapidamente arrivati a 10 per poi balzare a 12 e di lì a 14, più su, sempre più su, con la solita asta infame al rialzo secondo le migliori tradizioni italiche in cui i costi si addebitano al pubblico ed i futuri utili ai privati. A questo punto una domanda in grado di spiegare ogni cosa: “come mai a gestire un problema di importanza capitale come l’acqua a Novi c’è D’Ascenzi e ad Alessandria c’è Repetto?” Ci avete pensato? Avete risposto? Bene! Bravi! Avete indovinato! È proprio assolutamente vero tutto quello che avete immaginato.
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