GRAVE RISCHIO PER I MILITARI ITALIANI PRIGIONIERI. UN GRUPPO SU FACEBOOK PER SOTTRARLI AL PERICOLO CUI SONO ESPOSTI
(Roma 22 febbraio 2012) – Il Comitato Italiano per il Rilancio del Nucleare (Cirn) si meraviglia del basso profilo che le associazioni che nella ragione sociale si richiamano ai temi di tutela dell’ambiente, dell’ecologia e della salute, stanno tenendo in relazione a recenti fatti di cronaca, quali l’eclatante mancato allarme in relazione alla vicenda dei militari italiani catturati dagli indiani, non quelli di Toro Seduto ma quelli della provincia di Kerala, che è una delle aree più radioattive al mondo, con valori di fondo superiori anche ad un migliaio di volte quelli medi normali. Quanti vi si recheranno, a cominciare dalle delegazioni governative, dovranno al loro ritorno venire messi in quarantena di decadimento radioattivo nei reattori di Chernobyl o di Fukushima. Affrontiamo questo argomento di cronaca, apparentemente estraneo alla nostra ragione sociale, perché prima di ogni cosa siamo cittadini italiani ed il nostro impegno, anche per il rilancio del nucleare in Italia, è in primo luogo per il bene del nostro paese. Per questo abbiamo attivato su Facebook (http://www.facebook.com/#!/groups/337996802910475/) un gruppo (oltre 140 persone al solo fischio dipartenza) denominato “Riportiamo a casa i due militari prigionieri”, di cui sono amministratori Giorgio Prinzi, insieme a Giacomo Caruso e Fernando Termentini, una lettera del quale indirizzata al Ministro degli Affari Esteri, che riportiamo in calce, ha dato lo spunto a costituirci in gruppo di pressione.
Lettera del Generale Fernando Termentini al Ministro degli Affari Esteri
Signor Ministro,
sto seguendo con l’interesse e la passione di un vecchio Comandante le sorti dei nostri due militari “fermati” in India. Mi permetto di disturbarLa per esternarle qualche mia perplessità che condivido con molti connazionali a cui estendo per conoscenza la presente
Ho ascoltato le Sue dichiarazioni rilasciate a telegiornali nazionali, sicuramente permeate di contenuti “diplomatici”, ma che non ci dicono nulla sulla reale sorte di due nostri militari lasciati nelle mani di un Paese che prevede la pena di morte per reati quali quelli attribuiti ai due nostri connazionali.
Leggo che è stata inviata una Commissione di nostri rappresentanti di Dicasteri italiani, ma con quale scopo non è poi troppo chiaro. Infatti, il mio passato professionale in cui ho maturato una seppure modestissima esperienza all’estero, mi ha insegnato – e spero che Lei condividerà in base alla Sua consolidata professionalità di diplomatico – che in assenza di specifici accordi bilaterali, una Commissione estera non ha praticamente libertà di azione in uno Stato sovrano. Non si comprende, quindi, quale sarà l’efficacia del pool di esperti per le sorti dei nostri due connazionali che – mi conceda l’affermazione – non sono in stato di fermo in uno Stato dove il concetto di presunzione di innocenza rappresenta regola consolidata e dove, invece, le condizioni carcerarie sono un po’ lontane da quelle occidentali, anche se l’India è garante di una “antica democrazia”, come mi sembra di aver compreso da Sue dichiarazioni
Per questo signor Ministro auspico, forse insieme a molti altri italiani, che si abbandoni l’approccio di pura diplomazia che ad oggi ha portato ad un unico risultato, quello di permettere alle Autorità indiane di fermare nostri militari in uniforme, ma si pretenda dall’India l’applicazione del diritto internazionale e delle regole di garanzia per qualsiasi sospetto di reato, prima fra tutte quella di produrre prove a suo carico.
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