Nella nostra inguaribile ingenuità eravamo convinti che i costruttori alessandrini facessero i costruttori, come dice la parola stessa. Ossia edificassero villette, palazzi, capannoni e quant’altro richiedesse il mercato. Errore grave ed imperdonabile, frutto di una arcaica mentalità d’altri tempi. Il moderno ed astuto costruttore alessandrino, se da un lato è insuperabile nel vincere tutti gli appalti, dall’altro si guarda bene dall’impolverarsi nella plebea realtà del cantiere. Ed allora che fa? Si dedica all’alta finanza, unica attività degna per persone del suo rango. Avuti i lavori, dopo avere trattenuto la giusta remunerazione per il proprio disturbo si premura di subappaltarli, anche fuori provincia, al più basso prezzo possibile, anche ad oscure ditte di ignota esperienza. Ci induce a queste considerazioni ciò che è avvenuto riguardo all’iperprestigioso palazzo dell’edilizia alessandrina voluto come un sol uomo dall’imprenditoria locale, ed un tempo esaltato con grande strombazzo dagli organi di informazione cittadini. La vicenda ha inizio quando tutte le attività alessandrine nel settore dell’edilizia, a partire dal Collegio dei Costruttori, alla Scuola e alla Cassa Edile, per finire al Sindacato e all’organismo di controllo C.P.T., si unirono per fare nascere la Seal (Sistema edilizio alessandrino), struttura unica in Italia, il cui solo scopo era finanziare la costruzione di una lussuosa sede generale di settore, tramite una gara di appalto del non trascurabile valore di nove milioni di euro. A vincere la gara, ma guarda che combinazione, fu un’altra società alessandrina, anch’essa nata come un fungo proprio in quella circostanza, la COSTAL (COnsorzio STAbile ALessandrino) formato da otto imprese locali e precisamente: Bianchi, Botello, Carelli, Capra, Codelfa, Giraldi, Pancot, Zucchetto, con l’incredibile ribasso del 28%. Ossia ben 2,5 milioni di euro in meno del valore d’asta iniziale. Anche i tempi di realizzo sono molto stretti: inizio dei lavori Marzo 2011 e ultimazione degli stessi entro 22 mesi. E si dà inizio al cantiere ed a farlo non sono le imprese alessandrine, come sarebbe da aspettarsi, bensì un’oscura ditta genovese a cui sono stati subappaltati i lavori. Anche l’area prescelta per la localizzazione risente di una palese tendenza all’autolesionismo o di una totale ignoranza della realtà del territorio. È un’area golenale posta a fianco del platano di Napoleone destinata ad essere allagata o isolata dall’acqua durante le piene importanti del Bormida. Fiume non certo intimorito dall’essere il famoso architetto David Libeskind autore del progetto. E qui cominciano i problemi. E che problemi! Le furbe volpi protagoniste dell’intero affare cominciano a litigare tra di loro, sia per motivi tecnici che finanziari, riguardanti le modalità di pagamento che si scopre essere stato previsto in parte in contanti ed in parte con scambio di immobili tra cui alcuni alloggi e la vecchia sede della Scuola Edile che, se non sarà ultimata quella nuova, rischia di finire sulle panchine dei giardini pubblici. Risultato: tutti i protagonisti della vicenda sono finiti in Procura mentre i lavori sono fermi da mesi ed il valore degli edifici che si dovevano dare in cambio precipita verso il basso ogni giorno che passa rendendo sempre più impossibile ogni accordo. Se non arrivano soldi nuovi, del prestigioso edificio rimarrà solo il ricordo in un mucchio di macerie. E così, per eccesso di furbizia e di astuzia, altro denaro alessandrino, peraltro destinato ad un palazzo del tutto inutile e voluto solo per assurdi motivi di prestigio, se non peggio, risulterà del tutto sprecato.
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