Personalmente siamo sempre stati più che favorevoli ai grandi lavori pubblici, in grado di mutare in meglio la storia economica e sociale di una nazione. A patto che servano davvero come avvenne con la costruzione delle ferrovie, la grande bonifica del Po, l’elettrificazione del paese o la rete autostradale nel dopoguerra, senza le quali non saremmo un paese civile. Siamo invece duramente contrari ai lavori inutili, agli sprechi sistematici, il cui unico scopo è la rapina e l’arricchimento dei soliti noti, signori degli appalti, e dei politici che li appoggiano. Come purtroppo avvenuto con le opere della Cassa del Mezzogiorno. Vergogna nazionale per cui lo Stato spese tre volte il valore dell’intera industria del nord senza alcun risultato economico, se non quello di impinguare la mafia. Rispetto alla costruzione del Terzo Valico tra Genova e Milano abbiamo grossi dubbi. Lo dichiariamo apertamente per tutta una serie di motivi, primo dei quali è la reale utilità dello stesso. Infatti è la domanda che crea l’offerta e non il contrario come si sta propagandando da parte di chi vuole l’opera, promettendo meraviglie di rilancio economico dalla costruzione della stessa. Nella realtà, come chiunque può verificare, il porto di Genova è vuoto di navi. Il traffico di container su strada è minimo. Le interminabili code di autocarri che un tempo facevano inferocire gli automobilisti, ma erano palese dimostrazione di lavoro e ricchezza, sono solo più un sogno. Nelle statistiche del traffico del porto di Genova, furbescamente si computa anche il petrolio che viaggia su oleodotto e non dà lavoro alcuno. Questo per far credere che Genova è ancora un grande porto europeo quando non lo è più da tempo. Il grande traffico europeo, da anni, ha abbandonato l’Italia, stufo delle nostre furbate da miserabili, dei ritardi nelle consegne, dei furti sistematici, delle inestinguibili richieste di denaro di sottobanco da parte dei politici locali, dei prezzi fuori mercato. Questa è l’amara verità. Per tagliarci fuori sono stati costruiti ad ovest della penisola il grande ed efficiente centro portuale di Fos Marsiglia e ad est, in Slovenia, il nuovissimo e razionale porto di Capodistria (Port Rose). Inoltre la grande concentrazione industriale che alimentava i traffici genovesi è solo più un ricordo dopo un voluto processo di deindustrializzazione durato decenni. Le piccole e medie industrie del bacino del Po ancora in buone condizioni, nonostante la crisi, guardano verso l’Europa e sempre meno verso l’instabile bacino del Mediterraneo e con maggiore frequenza, come peraltro gli svizzeri, spediscono su Rotterdam ed Amburgo. Gli unici a volere a tutti i costi il terzo valico sono i proprietari dell’industria che lo ha inventato e che riceverà l’appalto dei lavori (sono arrivati al punto di iniziare alcuni scavi propedeutici senza avere ancora avuto nessun incarico). Assieme a loro, un gruppo di politici notoriamente tenuti a guinzaglio con l’incarico di fare i cani da riporto del denaro pubblico. Per ultima, ma non ultima per importanza, vi è la delirante levitazione dei costi avvenuta in questi anni: partiti da 4962 miliardi di euro nel 2006 ed arrivati quest’anno a 6200. E non si arresteranno a questa quota, come insegna la vicenda del ponte sullo stretto di Messina il cui incarico, ma guarda che combinazione, lo ha avuto la stessa ditta interessata al terzo valico. Anche il progetto è oggetto di pesantissime critiche da parte degli esperti. Si vuole costruire una nuova ferrovia con oltre 45 chilometri di gallerie costruite in due tronconi. In pratica è il traforo ferroviario più lungo del mondo, ancora più del tunnel sotto la Manica, quando con molto meno di un centesimo della spesa si potrebbero migliorare le gallerie già esistenti con gli annessi binari. E questo non siamo noi a dirlo, ma i tecnici e gli ingegneri che vi lavorano da anni.
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